Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, II.djvu/222

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NOVELLA XLIX 219 cosi fiera e crudel nemicizia lungo tempo regnato aveva. Anseimo cominciò a metter tutte le cose ad ordine per le future nozze, a ciò che quelle fossero belle e sontuose. Poi fatto chiamar un solenne notaio, di nuovo fece le donazioni da quello in scritto notare che la sera avanti a bocca aveva fatte. Fu il Salimbene e la sposa quasi da tutta la città visitata, ed ella che saggia e discretissima era, faceva a tutti quelle grate accoglienze che a la qualità dei visitanti si conveniva, di modo che ciascuno sommamente la commendava e tutti i parenti d’Anseimo se ne trovarono contentissimi, parendo loro che egli avesse fatto molto bene. La sposa poi ringraziando divotamente il nostro signor Iddio di cosi buona fortuna che data l’aveva, non cessava di lodar l’avveduto avviso del fratello. Il giorno poi de la domenica, essendo tutti i principali de la città invitati, si desinò con festa grandissima in casa di Carlo e tutto il di vi si ballò molto allegramente e con piacer di ciascuno. E non vi fu né uomo né donna che non giudicasse Angelica esser la più leggiadra e bella giovanetta di Siena. Ella ancora non passava i dice- sette anni, ma tanto avvenevole, cortese, umana e gentile che pareva esser stata in una signoril casa nodrita. Venuta l’ora de la cena, con pompa e trionfo grandissimo Anselmo condusse la sposa a casa sua, ove lautissimamente si cenò e dopo cena per lungo spazio si stette in balli e suoni, i quali finiti che furono, i convitati andarono a casa ed Anseimo e la sposa entrati in letto consumarono il santo matrimonio. Cotal adunque fine sorti la liberalità d’Anseimo insieme con la magnifica gratitudine di Carlo e d’Angelica. Ora si potrebbe disputare qual sia più di lor tre da esser lodato e qual di loro usò maggior cortesia ne le cose che da me udite avete.