Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, III.djvu/171

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i68 PARTE SECONDA conosca di che sangue tu sia nasciuto, l’instinto nondimeno naturale t’insegna l’origine tua esser nobilissima. — Un’altra volta egli comprò uno sparviero, e dicendogli il padre che il loro stato non comportava di tener sparviero ed agramente avendolo ripreso, egli un di si parti da casa, ed essendo grandissima guerra tra l’imperatore e gli ongari che erano in Italia discesi e la guastavono, se n’andò nel campo imperiale. Egli era di quattordici in quindici anni, ben fatto e più grande assai che communemente quella età non richiede. Finita la guerra contra gli ongari, andò l’imperadore in Provenza per adattar alcune cose del reame d’Arles che alora era sotto l’imperio. Composte le cose, venne Ottone in Italia per la Liguria e capitò a Savona. Guglielmo sempre l’aveva seguitato e s’era fatto un bravo soldato. Or avvenne che un di non troppo lungi da l’alloggiamento de l’imperadore venne Guglielmo a parole con uno soldato tedesco, e si sfidarono a singoiar battaglia. Un capitano, a ciò che facessero il loro abbattimento più ordinatamente e senza riprensione, si fece da tutti dui dar la parola e promesse loro che gli farebbe aver il campo libero e franco a tutto transito da l’impera- dore; del che tutti dui si contentarono. Il capitano per non mancar di quanto promesso aveva, pigliata l'occasione, un di gli menò tutti dui in sala ove l’imperadore desinava. Era quivi un tedesco molto vecchio, il quale aveva visto infinite volte Ottone quando era fanciullo. Questi come vide Guglielmo, subito si ricordò de l’età di Cesare e gli parve propriamente che fosse quello, e quanto più lo rimirava più gli rassembrava che fosse Ottone. V’erano degli altri che in giovinezza erano stati insieme con l’imperadore, i quali tutti dicevano che quel giovine in effetto rassimigliava mirabilissimamente Cesare. L’imperadore altresì, che sei vedeva dinanzi, non poteva saziarsi di riguardarlo e tutto si sentiva intenerire. II capitano che condutto l’aveva, come il desinar fu finito, appresentò i dui giovini dinanzi a Cesare e disse: — Sacro imperadore, questi dui soldati hanno una querela insieme e si sono sfidati di voler finir le lor differenze con l’armi in mano. Io mi sono assai affaticato per rappacificargli, ma non ci è stato ordine, perciò che questo più giovine — che