Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, III.djvu/400

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NOVELLA XL .397 che la maestra natura ha dato a questo corno. — E non facendo ella cenno di voler bere e a Delio nulla rispondendo, ritornò di nuovo a chiuder gli occhi e a sudare e tremare. Tutto questo procedeva da la grandissima imaginazione d’essersi avvelenata. Fu cavato l’osso del corno fuor de'l’acqua e vi fu gettata la polvere dentro. Onde prese Camillo il bicchiero in mano, ed accostatosi a la giovane che, cessato l’accidente, era alquanto in sé rivenuta, le cominciò a dire: — Cinzia, guardami e parla meco, ché io sono Camillo. Non odi? non senti? Ascolta, prego, ciò che ti vo’ dire. Fammi questo piacere se punto m’ami, e bevi gagliardamente questa benedetta e salutifera acqua, e non dubitar di niente, anzi sia sicura che ella ti darà la vita é ne vederai evidente e chiaro effetto. Che fai? ora tu apri gli occhi ed ora gli chiudi. Egli non è tempo adesso di dormire. Leva la testa ed apri gli occhi, e vedi che noi tutti siamo qui per aitarti e cavarti di periglio. Orsù, non tardar più. Ecco che io ti porgo di mia mano l’acqua con la polvere dentro. Bevi! che fai? eccola. — A queste parole la giovane, alzato alquanto il capo ed aperti gli occhi e quegli affisando molto pietosamente in volto a Camillo, con languida e bassa voce gli disse: — Camillo, cotesti tuoi rimedi e soccorsi son tardi e nulla più giovar mi potranno. Come tu puoi vedere, io sono arrivata al desiato fine di questa mia penosa vita che nomare certamente posso una viva morte. Io infinitamente allegra mi trovo d’esser giunta a questo ultimo passo, il quale tutto il mondo empie di tremore e di spavento, e me rigioisce egli e conforta come finimento d’ogni male. Ed ancora che io creda e tenga ferma openione che tutte le medicine del mondo siano a questo inio male scarse e troppo tarde e che nulla possano più recarmi di profitto, avendo già il mortifero veleno tutte le parti del mio corpo infette ed ammorbato anco il core, nondimeno per mostrarti che quello che ho fatto è solamente stato per non poter viver senza te e non per altra cagione, io adesso ti dico l’ultima mia volontà, che è questa. Se tu sei disposto, secondo che mostrato hai, di non voler esser mio come prima eri, tienti questi tuoi rimedi, ché io non ne vo’ prender nessuno, e lasciami stare, perciò che vie più cara