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370 PARTE TERZA che forse cosi di leggero non si potrebbero sciogliere. Bene si vede oggidì che quando alcun ladro scioccamente ruba e pare che a posta il faccia per essere scoperto, che ciascuno dice che merita morire; ma se uno sottilmente e con ingegno ruba e per disgrazia sia scoperto e preso, la morte di cotestui a tutti duole. Ma tornando al siciliano, variamente de la liberazione sua tra' soldati ragionandosi, il nostro gentilissimo Girolamo Gargano narrò un furto fatto in Calabria, dicendo che se il Caruleio si fosse come il siciliano governato, egli non averebbe ricevuto né incarco né vergogna. Onde, avendo essa novelletta scritta e sapendo per manifesta prova quanto vi dilettate leggere le cose mie, questa vi mando e vi dono e sotto il nome vostro ho mandata fuori. Voi la vostra mercé amorevolmente l'accettarete ed insieme con il dottissimo nostro messer Francesco Peto, quando tutti due averete da le faccende publiche agio, talvolta la leggerete, e di me ricordevoli. State sani. NOVELLA XL Antonio Caruleo fa rubare una bellissima cavalla e a la fine resta beffato dal padrone de la cavalla. Ferrando, figliuolo del glorioso Alfonso di Ragona re di Napoli, dopo la morte del padre succedendo nel regno, fu molto dai suoi baroni travagliato, con i quali ebbe lunga e crudelissima guerra. Sovravenne poi Giovanni duca, figliuolo del re Renato, capo degli Angiovini, col quale gran parte del regno contra Ferrando si ribellò. Pose alora Ferrando per governatore in Cossenza, capo de la Calabria, Antonio Caruleo, soldato molto prode e di gran governo, ma che volentieri scherzava con la roba dei vicini. Ed essendo in Cossenza, vide una bellissima cavalla che era d'un gentiluomo cossentino, che in quella città era di grandissima autorità e gran partegiano de la fazione ragonese. La cavalla, oltra che era di tutta quella beltà che si possa imaginare, era poi de le migliori che si trovassero ad ogni mestiero di guerra, e sempre, in ogni fazione che si faceva, il gentiluomo cossentino era su la bella e buona cavalla.