Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, IV.djvu/462

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NOVELLA LIV 459 di fare, deliberò di partirsi e a modo alcuno non restar con la sposa a cena. Ma come egli in viso la vide, cosi subito si cangiò di pensiero e tra sé determinò, avvenisse ciò che si volesse, d’averla. E pur tanto in lui puoté la ragione, che conchiuse prenderla per moglie, parendo a lui che sotto questo titolo di matrimonio non de vesserò aver i suoi avversari luogo alcuno di lacerarlo. Fermatosi adunque in questo proposito e senza strepito ordinato ad un suo fidatissimo ciò che voleva che da lui fosse fatto, attese che il ballare e le danze si finissero. Finite le feste e le tavole messe ad ordine, si cenò, avendo sempre il re di rim- petto a tavola la sua nuova innamorata, con la vista de la quale cercando di scemar le sue ardentissime fiamme, assai più le faceva maggiori. Mangiò molto poco il re, combattendo continova- mente con i suoi pensieri. Dato fine a la cena, un’altra volta ritornarono a danzare, menando in lungo la festa. Dato poi fine al tutto, si misero tutti di brigata per accompagnar la sposa a l'albergo del marito. Bisognava far la via per dinanzi al castello ove il re dimorar soleva. Il perché, essendo giunti dinanzi a la porta del castello, trovarono quivi di fuori tutta la guardia, secondo che il re ordinato aveva, starsi armata. Il re, avendo in mano le redine de la chinea su la quale era la sposa, al conte di Prata rivolto, tanto alto che da tutti era inteso, in questo modo disse: — Conte, o la mia ventura o disaventura, come si sia, ha voluto che si tosto che oggi io vidi la signora Maria, che subito di tal modo me n’innamorassi, che io non abbia mai ad altro potuto rivolger l’animo che d'esserne possessore. II perché, conoscendo manifestamente che senza lei io viver non potrei e che voi ancora non avete consumato il matrimonio, vi prego per quell’amore che mi portate, che vogliate esser contento che io lei, di contessa che essere sperava, faccia reina di Ragona, prendendola per moglie. A voi non mancheranno donne, ove io non saperei trovar mai più chi cosi fosse a mio proposito come la signora Maria. — Il conte fece di necessità vertù, non potendo far altrimenti. E cosi il re Giovanni, mandato a Roma per la dispensa, sposò la signora Maria per moglie, contentandosi che il conte di Prata ritenesse in sé tutta la dote che l’ammirante mandata aveva.