Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1912, V.djvu/304

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NOVELLA XXVII (i) 301 fattosi, parlando, conoscere chi era, fu da Giulio introdutto. Aveva Giulio uno lume in mano, e andando innanzi, disse al Piemontese che lo seguitasse. E di già si era ¡spedito di purgare la sedia e lavare per tutto il sangue, e quasi dissotterrato il cadavero. Come furono nel vólto del vino, Giulio, messo su una panca il lume, disse: — Piemontese, aiutami a cavare questo corpo fora di questa fossa. — Oimè — rispose egli, — che morto è cotesto? — Non ricercare più innanzi — li gridò Giulio, — ma senza far più motto aiutami, ché io vuo’ che lo portiamo al tale pozzo e dentro ne lo gettiamo. — Il Piemontese, che era buono uomo e timido e conosceva il romagnuolo essere di pessima natura e bravo e manesco, fece quanto quello voleva. E cosi cavarono fora il corpo, il quale subito al volto e ai panni fu dal Piemontese per lo corpo del povero Deodati riconosciuto. Del che forte si meravigliò, ma nulla fu oso dire. Preso adunque il cadavero, uno per li piedi e l’altro per lo capo, uscirono del giardino. Come furono fora de la porta, lasciò il Piemontese cascare in terra il corpo e si diede, quanto le gambe il portavano, a pagare di calcagni e via fuggire; di modo che Giulio, còlto a l’improviso, non fu si presto a seguirlo, come l’altro era stato a prendere l'avantaggio. Vi corse dietro buona pezza Giulio, ma per l’oscurità de la notte perdutane l’orma e più non sentendo la pesta di quello, se ne tornò al giardino e fece ogni prova per portar il morto al pozzo, ma non fu possibile. Onde strassinatolo in casa, che non era quattro braccia fora de la porta, e serrato l’uscio, tutto sbigottito e di malissima voglia, andò a trovare Simone e li narrò quanto era seguito. Restò il Turchi quasi disperato e non sapeva che farsi, veg- gendo la manifesta sua roina. Giulio allora in questa forma a parlar cominciò: — Io non so ove questo poltrone Piemontese sia ito. Ma poi che egli sa che io ho dissotterrato il corpo di Geronimo, che senza dubbio averà riconosciuto, io resto in pericolo de la vita. A me pare essere necessario che io me ne vada con Dio, perché se il Piemontese mi accusa, essendo io fuggito e voi restando qui, sarà aperto indicio che non voi de la morte di Geronimo, ma io sono il colpevole. — Parve