Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/311

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io scritta, al generoso vostro nome ho intitolata, parendomi che per ogni rispetto più a voi convenga che ad altri, sì perchè essendo io fattura e creatura vostra, le mie cose ragionevolmente deveno esser più vostre che mie, ed altresì che chi la narrò insieme con il vendicatore è de la patria vostra di Genova. Degnate adunque con quella grandezza e cortesia de l’animo vostro, conforme al nome che avete, accettarla, come mi persuado, la vostra mercè, che farete. State sano.

Meguolo Lercaro genovese battuto da un favorito de l’imperadore di Trebisonda gli fa di molti danni.


Egli non si può negare, signor conte, che in tutte l’azioni che si deveno fare, non debbia ciascuno aver buona considerazione ed ottimo conseglio e poi, come si suol dire, metter le mani ne la pasta e venir a l’effetto de l’opera. È ben anco il vero che molte volte gli uomini fanno de le cose che riescono secondo il voler loro, che forse se l’avessero ben essaminate, non si sarebbero messi a farle. Se l’uomo, quando si vuol vendicare d’una ingiuria ricevuta e delibera uccider il suo nemico, si mettesse innanzi gli occhi tutti i perigli e casi fortunevoli che gli ponno occorrere, e che egli si mette a rischio di perder la vita che cerca tòrre altrui, di rovinar sè e i figliuoli, certo io mi fo a credere che poche vendette si fariano. Ma come s’è detto, il vendicarsi è cosa tanto dolce e appetibile che inebria ed offusca gli occhi de la mente, di modo che la persona ad altro non rivolge l’animo che a far vendetta, avvengane poi ciò che si voglia. Ora io vo’ narrarvi quanto altamente un nostro gentiluomo genovese si vendicasse e come ne la vittoria moderasse la còlera. Solevano già i nostri cittadini, come anco al presente fanno, trafficar per tutte le provincie del mondo così tra’ fedeli come tra gli infedeli. Avvenne negli anni di nostra salute mille trecento ottanta, poco più o poco meno, che un nostro gentiluomo chiamato Meguolo de la nobile ed antica schiatta dei Lercari si trovò in Trebisonda, ove negoziando, perciò che era persona molto destra ed avvenevole, entrò in grandissima grazia di quell’imperadore e non sapeva domandar cosa che da lui non ottenesse. Per questo trafficava con inestimabil utilità in quella provincia e ne l’altre parti, di modo che divenne ricchissimo. E per esser straniero, era da molti de la corte invidiato. Ma egli attendeva con buona grazia de l’imperadore a far i fatti suoi e non offender