Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/371

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da polirti, specchiarti e tutto ’l dì cercar fogge nuove e startene sul tirato come se tu fossi prencipessa di Taranto, e sprezzar quanti uomini e donne sono in questa città. Può egli essere che ti sia già uscito di mente il gran piacere anzi beneficio che il marchese questi dì n’ha fatto, che possiamo dire che egli ci abbia donato la maggior e meglior parte de le facultà che abbiamo? Se egli non era, non eravamo noi rovinati in terza generazione? Certo noi siamo ubligati basciar la terra ov’egli tocca con i piedi. Io per me conosco essergli ubligato de la vita propria non che de la roba, e voglio che sempre possa di me e de la roba mia disporre come de le cose sue proprie. E possa io essere ucciso se al mondo conosco par suo, chè quando egli mai non m’avesse fatto piacer nessuno, deve perciò per le sue rare doti esser da tutti amato, riverito ed onorato. Egli è nobile, cortese, gentile, umano, liberale, magnifico, servigiale e il più generoso signore che mai fosse in questa città, e per le sue vertù è fin dai sassi amato. E per Dio! non ci è così gran barba d’uomo che non abbia di grazia essergli amico, e tu non vuoi che io l’onori e festeggi? La sua modestia e i suoi leggiadri costumi farebbero innamorarsi in lui un cor di marmo. Sì che, mógliema, io sono per lui ubligato a vie maggior cosa che non è d’invitarlo a far colezione in casa mia. Volesse pur Iddio che io gli potessi far qualche rilevato servigio! come di core il farei! – Queste parole trafissero senza fine il core de l’ingrata e superba donna, la quale senza risponder motto alcuno al marito se ne stette, e più tosto che puotè, da quello sviluppatasi, se n’andò in camera, ove gettata sul letto a le lagrime allargò il freno. Il marito come vidde partir la moglie conoscendo la natura di quella che non voleva in conto alcuno esser garrita, montò su la mula e andò per la città a diporto. Ella sentendosi tuttavia un rimordimento al core, che pareva che da le profonde radici le fosse fieramente svelto, ad altro non poteva rivolger l’animo che al marchese, di maniera che quante cose egli mai per lei fatte aveva, tutte ad una ad una se le rappresentavano innanzi agli occhi. E rimembrando la durezza, la crudeltà e la superbia che contra lui tante fiate usò, si sentiva di doglia morire. Che diremo qui, signori miei e voi signore nobilissime? Quello che in tanti anni con balli, feste, canti, giostre, torniamenti, suoni e con larghissimo spendere, lagrimando, ardendo, agghiacciando, sospirando, servendo, amando, pregando, e tutte quelle summissioni ed arti usando che Lucrezia a Tarquinio averebbero resa amica, non puotè il valoroso e gentilissimo marchese