Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/77

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Ho fatto quanto m’è stato possibile per macerar questo mio sfrenato disio, ma il tutto è stato indarno: le mie forze sono state a così potente avversario troppo deboli. Nè crediate già che lo stato mio a par di tanta altezza io non conosca e che altresì non sia certissimo questo mio amore, a ciò non dica pazzia, esser fuor d’ogni convenevolezza, chè son ben chiaro tanto alto e nobile amore a la mia bassezza non convenirsi. Io non sono, compagni miei, a me medesimo caduto di mente, perciò che ottimamente la mia condizione e quella di madama la reina a pieno conosco. La prima volta che io mi sentii dai lacci d’amore irretito, quella conobbi esser reina de le prime de’ cristiani e me povero giovine fuoruscito di casa mia, e male a me convenirsi in così nobile ed alto luogo i miei pensieri dirizzare. Ma chi potrà por freno o dar legge ad Amore? Chi è che secondo la debita elezione s’innamori? Certo, che io mi creda, nessuno, perciò che Amore come più gli aggrada il più de le volte scocca le sue quadrella, nè ha riguardo a grado o condizione di persona. Non s’è egli già visto eccellentissimi uomini, duci, regi ed imperadori essersi accesi d’amore di donne di bassa e vilissima schiatta? Non s’è anco inteso bellissime ed altissime donne, sprezzate le grandezze degli stati, abbandonati i mariti, non curato l’amore dei figliuoli, aver ardentissimamente amato uomini sozzi e d’infima sorte? Tutte le istorie ne sono piene, e le memorie dei nostri avi e padri ed altresì le nostre quando bisognasse ne potrebbeno render testimonio. Dicovi adunque questo a ciò che non vi paia cosa nuova se io mi sono lasciato vincere dai miei pensieri. Chè non alterezza od il non conoscere l’una e l’altra parte a questo m’ha condotto, ma Amore che può molto più che non possiamo noi e fa sovente lecito quel che piace e non lece, ed impregionata la ragione fa donno e signore il talento, le cui forze sono molto maggiori che le leggi de la natura. E ben che io di questo mio magnifico amore lieto fine non sperassi già mai e meno di giorno in giorno lo speri, non è però che io possa altrove rivolger l’animo. E giurovi per quel leal e ferventissimo amore che io porto a la reina, che io mi sono sforzato quanto mi è stato possibile levarmi da questa mal cominciata impresa e metter i miei pensieri in altro luogo; ma ogni mio sforzo è stato vano, ogni deliberazione che io ci abbia fatta è riuscita indarno. Io altro fare più non so nè posso. E sallo Iddio che se non fosse la tèma de l’eterna dannazione, io con le proprie mani già averei a questo mio appetito dato fine. Sommi