Pagina:Baretti - La frusta letteraria I.djvu/9

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introduzione 3

una cosa assai diversa, ve l’assicuro. Quando alla Madre Natura venne in capriccio di formare il suo individuo, parve propio si proponesse di fare una singolar cosa, poiché gli è certo che si stette di molte settimane rimescolando assai ignee materie, che infuse quindi nella sua corporea sostanza. E quando l’ebbe tutto formato in guisa da farlo poi riuscire, come riuscì di fatto, un uomo di statura poco meno che gigantesca, quella buona Madre Natura lo produsse al mondo in uno de’ più ardenti giorni della canicola; onde non è da stupirsi se Aristarco non potette poscia stare per un lungo tempo fisso in un luogo, e se de’ quindici lustri giá da esso vissuti ne passò dieci intieri intieri sempre avvolgendosi come una fiamma per diverse regioni del mondo. Nella sua prima fanciullezza egli non ha, a dir vero, operata alcuna cosa molto rimarchevole, se non vogliam dire che fosse rimarchevole il passare ch’egli faceva molte e molte giornate in un giardino di casa, diligentemente cercando scorpioni pe’ fessi de’ muri, e di sottovia de’ vasi di creta e di legno, e schiacciando quegli scorpioni se li trovava piccini, o riponendoli vivi in un fiasco d’olio se s’abbattevano ad esser grandi, pigliandoli sempre su colle sue propie dita, senza punto di paura delle loro velenose code. Ma se Aristarco fece poco nella sua fanciullezza, voi avete a sapere, leggitori, ch’egli spese l’adolescenza in istudiare sotto il celebre Diogene Mastigoforo, insigne papasso d’Antiochia, alcune delle lingue d’Oriente, dopo d’essersi molto bene insignorito del latino e del greco; e fu tanto costante l’ostinatezza da lui principalmente usata nello apprendere il parlare degli arabi e quello del Mogol, che non aveva ancora diciassett’anni compiuti quando finì di tradurre la Fiammetta del Boccaccio in prosa arabesca, e i tre primi libri del Calloandro Fedele in versi mogollesi. La Fiammetta egli la dedicò poi alcuni anni dopo così tradotta al famoso Sul Im Addin, primo visirre del soffì di Persia, e que tre libri del Calloandro li regalò al formidabil tartaro Krab Kul Kan Kon, generalissimo di tutto l’Indostan. Que’ due gran personaggi egli se gli fece molto amici, e li trattò con molta domestichezza, massime nel secondo viaggio che fece