Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/122

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gli uomini si voglian bene fa duopo di qualch’altra cosa, oltre alla parentela. Voi ed io ci conoschiamo troppo poco per amarci l’un l’altro di molto; né il nostro carteggio ha a cominciare coll’ipocrisia deH’esprimere affetti che non possiamo peranco avere. Ci vorremo del bene quando sará tempo: cioè, dal canto vostro, quando vedrete ch’io v’abbia giovato a qualche cosa; e dal mio, quando mi parrá lo meritiate, avanzandovi per la via del sapere. Vi parlo naturale: parlatemi naturale anche voi. Se studierete, siate sicuro che saremo anche piú amici che non siamo parenti; se no, non saremo né parenti né amici. Intanto vi dirò che la vostra lettera non è tutta come la vorrei da un nipote che s’avesse la barba; nondimeno sarei molto schizzinoso se non l’avessi per buona, anzi per ottima, venendomi da un nipote peranco sbarbato. Attraverso le varie cose che m’avete dette, vedo che la nostra bozza è ronchiosa; ma la grandezza sua e la qualitá del marmo non mi dispiaciono. Picchiando e ripicchiando, spero ne faremo col tempo una statua colossale. Chi sa? Quel vostro dire che, se v’aveste avuti de’ buoni maestri, avreste imparato in un anno quello che avete imparato in otto, non è tanto vero quanto vi sembra. Lo so meglio di voi che nelle nostre scuole i ragazzi sono menati un po’ piú per le lunghe che non si dovrebbe. Con tutto ciò vi voglio assicurare che tanto sarebbe stato possibile al piú quintilianesco maestro il farvi apprendere il latino in un anno o in due, quanto al piú bravo agricoltore il ridurre una ghianda a perfetta quercia in quello stesso tempo. Le menti de’ ragazzi sono picciole com’essi, e poca roba si può ficcare in quelle; sicché permettete, in conseguenza dell’imperfetto ragguaglio vostro di voi medesimo, permettete ch’io mi dichiari, se non del tutto satisfatto di que’ vostri maestri, satisfatto almeno, e piú che non mediocremente, del loro vivace discepolo. Fra gli autori latini che avete giá letti, mi lusingo non abbiate ommesso né Orazio né Terenzio, comeché non me li abbiate nominati. D’ Orazio spezialmente vi voglio dire che fareste un piacer grande a me e un benefizio grandissimo