Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/197

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compratori eguale al numero degli esemplari? Andate veli a cercare nell’Etiopia e nella Cina, ché in Italia non ve n’avrá tanti sicuramente. Una ristampa di questa natura sarebbe forse stata buona chi l’avesse fatta giá dugent’anni, cioè quando era la moda di seccarsi a leggere quelle Sofonisbe e quelle Cariaci e quegli Oresti e quelle Rosmunde. Oggidí noi abbiamo de’ Corneli e de’ Racini, le tragedie de’ quali, anche tradotte alla diavola, dilettano le nostre udienze piú assai che non quelle fiacche ed agghiacciate tiritere del Cinquecento. Non sono tre di che mi venne riletta per iscioperatezza la prefata Rosmunda: che goffa, che insipida cosa! Il povero Rucellai non sapeva nemmanco fare i versi, i quali tutti sono in quella sua Rosmunda tirati co’ denti e d’una fievolezza che non si può la maggiore. Lasciatevela dire, Cigna mio, da uno che ha la gloria della sua contrada tanto a cuore quanto voi: questo non è disegno da riuscire a bene. I nostri uomini hanno saputo, meglio che non gli uomini dell’ altre nazioni moderne, comporre de’ poemi epici. Di questa opinione sono io, che pur intendo ogni minima sillaba del Paradiso perduto e che posso ripetere a mente molti squarci della Enriade. E in alcuni altri generi di poesia i nostri uomini hanno altresi fatta la parte loro, e meglio ancora potrebbon farla colla maneggevolissima lingua che s’hanno, piú fatta, sul totale, per ogni sorta di poesia, che non alcun’altra delle lingue viventi. Sinora però in molte e molte cose siamo lunge dall’essere eccellenti; e in fatto di tragedie massimamente, oimè, che siamo tuttora poverelli poverelli! Il Metastasio ha fatti de’ miracoli, lo confesso, e numerose sono quelle scene di lui che possiamo con baldanza porre dirimpetto a tante belle scene de’ due celebri franzesi. Ma che fa questo, se i drammi del Metastasio sono soltanto cantabili e non recitabili? I nostri insulsi grecheggianti ci assicurano che le nostre tragedie del Cinquecento sono fatte sull’esatto modello delle tragedie greche e che s’assomigliano a quelle come le nostre scarpe destre s’assomigliano alle nostre scarpe sinistre. Sia col nome del cielo! Che però vogliamo noi fare di grecherie sui nostri teatri, quando noi siamo italiani e non greci? Pe’ loro paesani, e non per noi,