Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/252

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anzi gergo, che la fratellanza di que’ furbacci s’ ha creato arbitrariamente in Italia, avendo poco dopo la loro istituzione pensato di volere non soltanto operare come gli altri mortali, ma né tampoco parlare o scrivere com’essi, col fine scaltro scaltrissimo di rendersi per tal via singolari e distinti fra gli altri ordini frateschi, e di farsi per conseguenza piú rispettare da’ babbioni, da’ babbuassi e da’ babbuini. E qui io non voglio dirvi, messer Giambattista, che quel loro arbitrario gergo sia soverchio sgrammaticato, come che lo sia molto di spesso. Ben vi dirò ch’egli è troppo piú abbindolato che non dovrebb’essere; ed è spicciolato qui e quinci e costinci di vocabolini tanto piccini, che non possono non isvegliarmi l’idea della rogna, quando è di quella minuta minuta e che sa manifestarsi in milioni di tubercolelli fitti fitti, l’uno accanto all’altro, fra le dita o sul petto d’un pitocco. Non farò fiato di quella tanto indiscreta pilottatura di latino, che fa spalancare tanto d’occhi a chi non l’intende; come neanco di que’ tanti tropi truffaldineschi e di quelle si frequenti pulcinellesche figure, che abbellano l’eloquenza gesuitica al mo’ che un ricamo di paglia abbellarebbe una toga di panno canapino; e non toccherò nemmeno di passo quelle tante e tante loro vezzosaggini scassinate, in ognuna delle quali s’ inviluppano sempre de’ concettucoli aguzzi quanto gli stecchi di salce o di frassino; e non conterò neppure in sogno le altre loro tante tantissime scappatelle rettoriche da sgradarne tutti i famigli e tutte le fanti che Tullio e Demostene s’avevano a’ servigi loro. Vi dirò solamente, signor Giambattista, come in quel gesuitico gergo sono avvolte, e con quegli ornamenti sono infrangiate, coteste pazze prediche del vostro padre Iacopo Antonio Rossi, e piene zeppe di tante poco intelligibili asinaggini ed asinerie d’ogni colore, da non ne notare il terzo chi s’avesse quattro fogli di carta imperiale da sciupare. O giraffa dunque, o etiopica giraffa del mio Giambattista Pasquali (torno ad esclamare col serafico san Francesco, anzi pure col gran taumaturgo san Vincenzo), e perché ha’ tu voluto, briaca giraffa, porti alla disperata impresa di rendere durevoli coteste maladette prediche del padre di Gesú, come si chiamava egli, o del frate