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LETTERA TRENTUNESIMA

di don Giuseppe Casati a Tolomeo Malucelli

[D’un episodio della vita del conte Benedetto Berlinghiero, che accoppiò ad un punto in matrimonio dodici contadini anconitani.] Il Serassi mi ragguaglia come Vossignoria si sta ricogliendo de’ materiali onde comporre la vita del conte Benedetto Berlinghiero, che Dio s’abbia fra suoi santi; e di questa novella io mi sono rallegrato assai, come d’un bene eh’ Ella s’apparecchia fare ai nostri concittadini, ponendo loro sotto gli occhi un modello di bontá molto degno d’essere imitato da ciascuno. De’ lunghi e pertinaci studi fatti dal conte il mio signor Tolomeo è informato quanto basta; sicché costi non occorre suggerirgli cosa che sia. Ella però opererá da valentuomo, se in quella vita fará di descrivere a minuto quella che il conte menava come uomo, anzi che come letterato. Narrando a parte a parte le tante piccole cose che quell’uomo fece nel suo vivere privato, che in moltissime congiunture s’appartarono assai dalla maniera comune e che lo distinsero affatto dagli altr’uomini, non si potrá che l’opera sua non venga a riuscire dilettosa egualmente che istruttiva. Faccia dunque di disegnare il conte sul fare del nostro Correggio, dando al suo ritratto delle pennellate casalinghe quante ne deve avere. S’io spieghi bene quello che vorrei dire, non lo so; ma Vossignoria intenda per discrezione, che il biografo, come il ritrattista, ha a mostrarci l’uomo tal quale egli era nel suo domestico essere e presentarcelo vivo alla vista. Uno de’ tratti piú rimarchevoli nella vita del conte Benedetto fu certamente quello dell’accoppiare ad un punto in matrimonio dodici contadini anconitani. Raccontando bene quel fatto, s’illustrerá moltissimo quel carattere di capricciosa dabbenezza, che * lo rendeva tanto singolare e insieme tanto amabile. La cosa