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14 | PREFAZIONI E POLEMICHE |
lettere orbe piene di tante infamità e sciocchezze? che vi ha fatto il Baretti, che lo chiamate «scevro d’ogni virtù e pieno di malizia», «amatore delle puttane, d’ogni nequizia» e «coglione », signor Biagio mio? Egli non vi ha fatto sinora né bene né male, anzi, dacché vi conosce di vista, per amore d’un certo accademico da Belvedere che è suo e vostro amico, sempre vi ha usato ogni possibile distinzione e civiltà, sempre ha rinchiuso in sé quel disprezzo che aveva de’ fatti vostri, non vi ha mai criticato un sonetto per quanti se ne sieno letti da Menegazzo, non ha mai cuculiato quelle vostre magre leggende in dialoghi, benché ne abbia sentito dir male più di quattro volte da alcuni vostri poco amorevoli; e quantunque in que’ vostri sonetti in morte del Lazzarini non ve n’abbia uno di buono, tuttavia si è contentato di conoscerlo e non l’ha detto ad alcuno; ed anzi vi ha lodato e detto, contro la verità e contro il suo sentimento, che siete poeta e prosatore bravo. E voi, invece d’essergli obbligato delle civiltà usatevi e delle lodi datevi, voi gli scrivete delle lettere orbe e malvagie e da briccone verbo, visu et opere? Seguite, seguite, signor dottore, a scriverne delle altre, a fare di questi sonetti, a calunniar la gente in parole ed in iscritto, e di questi sonetti fatene pur uno ogni mattina prima d’andare a celebrare la vostra santa messa, che così vi farete sempre più conoscere e per quel gran dottore che vi spacciate, scienziuto in «lettre umane e divine», e per un uomo onesto e degno dell’amicizia e della stima di tutti i galantuomini, e, quel che è più, per un dabbene e santo ed esemplarissimo sacerdote.
Ma questa lettera, amico carissimo, è già soverchio lunga, onde mi riserbo di scrivervi l’ordinario vegnente il resto di questa storia; e intanto addio.
Di Venezia, a di 2 settembre 1747.