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24 PREFAZIONI E POLEMICHE

di lui, quantunque non lo nominasse per nome, e gli disse e gli fece dire da più d’uno della compagnia e asino e bufolo e peggio. E il molto reverendo mio signor maestro mi toccò con un piede che io tacessi; e certo quel Baretti, non mei sarei mai pensato, non so come abbia fatto a indovinar cosi subito che il molto reverendo mio signor maestro era l’autore di quel sonetto. Ma il Baretti ha bello e conoscere gli stili, che il molto reverendo mio signor maestro ha settantadue buoni anni e va pe’settantatré, ed il Baretti ne ha, cred’io, vintisette o vintiotto, onde non si può far paragone della poesia dell’uno con quella dell’altro, e solamente dagli anni si vede chiaramente che il molto reverendo mio signor maestro debb’essere tre volte quasi tanto poeta, come lui, avendo quasi tre volte tanti anni, come lui.

In questa o poco diversa maniera andava lo scuolarino secondando il molto reverendo suo signor maestro. E perché la schiera degli sciocchi è infinita, trovò pure alcuno ne’ primi giorni che gli prestava orecchi e che gli menava buona quella gran ragione de’ settantatré anni; ma noiate in pochi di quelle buone persone che gli ascoltavano, a forza di replicare sempre la medesima cantilena, il gran pre Biagio si risolvette di far qualche altro tentativo per racquistare quell’onore ch’egli aveva perduto, s’egli è pur vero ch’e’ n’abbia avuto mai.

Se ne andò dunque dal signor cappellano della chiesa San Gallo a pregarlo ch’e’ dicesse una parola al piovano di San Paterniano, poiché San Paterniano è la chiesa in cui serve il signor Lionardo Marcellotto, e la parola che lo pregò di dire al signor piovano era che interponesse e l’amicizia e l’autorità sua presso il Marcellotto perché questi cessasse dal canzonarlo, avendo sempre, diceva Biagio, sempre mostrata altissima stima del medesimo Marcellotto e parlato con lode delle sue poesie toscane e latine; e che non bramava d’essere stuzzicato e deriso ed obbligato a dover pigliare la penna in mano, perché quando e’ la pigliava, buona notte, gli si oscurava la mente e perdeva la ragione. (Qui diceva il vero il s&lvatico dottore in «lettre divine»: basta leggere il Filalete, la Ropelleide, la Facciolateide