Pagina:Baretti - Prefazioni e polemiche.djvu/60

Da Wikisource.
50 PREFAZIONI E POLEMICHE

più piacere di quelle; ma neppur queste vanno sui teatri di Venezia o d’altra città fuori del regno di Napoli. E ciò addiviene, cred’io, per la varietà de’ linguaggi, e specialmente per lo napoletano che parlano gl’interlocutori, per i troppi avviluppati accidenti e per la troppa copia di riboboli fiorentini, de’ quali sono soverchiamente sparse. Il Fagiuoli ne ha scritte d’un’altra spezie e in prosa e in verso a modo come di recitativo, con certi caratteri, fra gli altri, di contadini, graziosissimi oltremodo; ma fuori della Toscana neppur queste escono, ché in tutto il resto dell’Italia non sarebbono que’ contadini intesi. Alcune altre commedie di alcun’altra spezie ancora noi abbiamo, come sarebbe a dire la prefata mia carissima Tancia del Buonarroti, ed alcune altre poche e in terza e in ottava rima antiche antichissime, i di cui nomi appena si sanno da’ più curiosi de’ nostri antichi libri; ma né La Tancia né quelle possono essere intese da tutti gl’italiani. In sostanza, di tutte le additate commedie i comici di Venezia non ne vogliono arrischiare alcuna né in Venezia né altrove; e pure alcuni di questi comici, e principalmente Gaetano Casali, conoscono molto bene il buono delle nostre commedie e le leggono e cavano da quelle di molte belle cose, com’eglino stessi affermano.

Da tutte queste cose che ho dette così alla rinfusa, una a ridosso dell’altra, come mi sono venute nella fantasia, alta maraviglia deve sorgere negli animi nostri, che per numero e per varietà di commedie nessuna nazione sinora vinca la italiana, e che pure sempre Truffaldino e sempre Pantalone trionfino sui nostri teatri, e che quelle tante commedie se ne stieno polverose nelle biblioteche. Ma come mai va questo? Lasciatemelo replicare, signor conte, che bisogna venga in Italia una testa simile a quella di Molière, che abbia facilità di rima, oltre all’invenzione e all’altre parti necessarie a un poeta comico, e che poi questi scriva delle commedie in ottava rima, poiché la prosa e i versi sciolti e gli sdruccioli non possono essere gustati dal popolo italiano, il quale, amando generalmente la rima ed avendo gli orecchi e l’anima né più né meno come quel di Francia, si piegherà, come quel di Francia si piegò, già son tanti anni, a