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Il conte Pompeo entrò, e rimase un po’ sconcertato alla vista di quei personaggi riuniti, due dei quali tenevano il cappello in mano, ed erano in procinto di andarsene.
— Buon giorno, conte; — disse Arrigo.
— Buon giorno: — rispose freddo il Castelbianco, guardandolo un po’ di sbieco. — Non hai un duello?
— Io? — rispose Arrigo. — Neanche per sogno. —
Il conte Pompeo rimase sovra pensiero, e non disse più altro.
Orazio Ceprani era sulle spine; tanto gli premeva di correre al caffè di Venezia, per far servizio al signor Cesare Gonzaga!
— Se permettete, conte, ci ritiriamo; — diss’egli. — Abbiamo qualche cosa da fare. —
Il conte rispose con un cenno del capo, che poteva passare per un saluto; indi si volse al Gonzaga.
— Resterò un pochino, se non la incomodo, a discorrere con lei.
— S’immagini! — disse il Gonzaga. — Se vuol passare nel salotto.