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glia, più immonde, più fameliche e più fastidiose che non fossero le arpie ai compagni d’Ulisse; i briganti travestiti in cento guise, perfino (oh colmo d’audacia!) da padroni d’albergo; i paesi tutti che si succedono e si rassomigliano; la stessa via polverosa, fangosa e scabrosa; qua e là le stesse salite a picco e le stesse discese a fiaccacollo; le scosse, i traballamenti e i sobbalzi ad ogni giro di ruota; era questa la poesia del viaggio?
E per contro, i paesi che vi sfilano in bella ordinanza sott’occhi, non lasciandovi che una immagine grata, o fuggevole, di sè; le valli sfondate ad occhi veggenti, senza mestieri di misurarle romanamente a passi, nè di averne a noverare i segnavia con altrettanti paternostri della bertuccia; la maestosa ripidezza dei monti che v’invitano nel loro grembo a pigliare una boccata di fre-