Pagina:Barrili - Come un sogno, Milano, Treves, 1889.djvu/294

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eravamo incalzati. Mi chiusi nel mio dolore; non ebbi paura di misurarne la profondità, di raffigurarmi lo schianto che avrebbe sentito il mio cuore, e vidi come pur troppo egli fosse impossibile di ribellarci al destino. Oramai, non c’era più dubbio per me; quella donna soffriva; non voleva confessarlo, ma lo struggimento di quella segreta cura le si leggeva nel volto. Sentii che ella non avrebbe parlato, ma che per contro lo dovevo io, se avevo ombra di gentilezza nell’animo.

Quella sera medesima avrei voluto aprirmi d’ogni cosa con lei; ma a farlo, mi venne meno l’onesto ardimento. L’egoismo era tuttavia il più forte. E per dissimulare quella viltà a’ miei occhi ed ai suoi, raddoppiai, se pure era possibile, di cure affettuose; cercai le più dolci parole, le più tenere inflessioni di voce, gli atti più amorosamente divoti.

Così giunse il mattino, senza che io avessi