Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu/191

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— Io! — esclamai. — In che modo?

— Dicendomi che non c’era l’inglesina, perbacco.

— E non c’è, difatti, non c’è.

— Come, non c’è? Non mi hai tu incominciata la tua lettera in inglese? Ancora un paragrafo di quegli starnuti, e mi toccava di pigliare un interpetre. Sai bene che d’inglese io non ne mastico, e di tedesco nemmeno. —

Lo so benissimo. Tra le originalità di Filippo Ferri c’è questa, di non volersi dedicare a nessuno studio di prossima e diretta utilità. Per capriccio ha imparato l’ebraico; per prolungamento di capriccio ha imparato l’arabo e il copto.

— Sai che l’inglese è la mia passione; — gli dissi.

— E le inglesine no?

— No, ti giuro; e quando ti avrò raccontato ogni cosa, vedrai che si tratta di ben altro. Ora non è il momento.

— Nè il luogo; — soggiunse Filippo. — Lasciami dar la valigia a qualcheduno.