Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/17

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- Benissimo! va innanzi: - gridò il maggiore Salvani. - La musica ci si adagia abbastanza bene, in questa tua strofa. Sentiamo l’altra. -

Lorenzo, incuorato dalla lode paterna, proseguì con accento più concitato:

Che vuol mai questa folla di schiavi,
Questa lega di perfidi re?
Per chi mai questi ceppi da ignavi?
Quelle pronte catene perchè?
Forse per noi? - Su, ti disfrena,
O gran tempo represso furor!
Siam noi che pensano nell’imo cor
Di ridurre all’antica catena?
All’armi, cittadin!
Stretti a drappel moviam!
Corriam, d’un sangue vil
Que’ solchi abbeveriam!

- Lascio stare le altre, - soggiunse l’adolescente, com’ebbe finito il ritornello, - e vengo subito all’ultima, a quella che ogni buon repubblicano usa cantare in ginocchio.

Santo amor della patria, tu incita,
Tu sostieni la vindice man;
Libertà, libertade gradita,
Co’ tuoi figli combatti sul pian,
E volga a noi - i passi suoi
La Vittoria, al tuo forte chiamar;
E i vili veggano, presso a spirar,
La tua gloria e il trionfo de’ tuoi.
All’armi, cittadin!
Stretti a drappel moviam!
Corriam, d’un sangue vil
Que’ solchi abbeveriam!

- Bene! - gridò il maggiore, stringendo il giovinetto nelle sue braccia. - Tu sei davvero sangue del mio sangue.

- Ah! questo bel legionario è vostro figlio? Me ne rallegro con voi, maggiore Salvani. -

Queste parole erano proferite da un nuovo personaggio, entrato allora allora nella camera. Portava egli pure la tunica rossa e il cappello di feltro nero colla penna dei tre colori, e sebbene non contasse ancora i ventidue anni, aveva già aspetto d’uomo maturo. Il pensiero è quella certa lama, così spesso adoperata a raffronti poetici, che a lungo andare logora la guaina. Il viso pallido, lo sguardo e l’atteggiamento malinconico, la fronte prominente e spaziosa sotto l’onda dei