Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/269

Da Wikisource.

carnevale. Queste pecore matte erano in buon numero, e ogni giorno facevano un passo verso l’ovile. Bisognava non disprezzarle, accoglierle anzi a braccia aperte, non tanto per il pregio delle persone, ch’era nulla, quanto per la opportunità dell’esempio.

Erano questi i consigli del marchese Antoniotto, e ognuno intende di leggieri che fossero ascoltati, sebbene taluni più irosi e più ostinati tra’ suoi colleghi non avessero voluto dapprima acconciarsi alle sue ragioni sottili. Nè questo era il solo lato per cui il Della Torre si mostrava accortamente più largo degli altri suoi pari.

Figlio ad uno di que’ parrucconi della oligarchia del Consiglietto, egli aveva dovuto da principio partecipare un tal poco a quella dispettosa opposizione, non già d’opere, ma di parole, che il patriziato di Genova faceva al governo piemontese, al quale la sua città, il teatro delle sue pompe senatorie, era stata regalata dal Congresso di Vienna. Ma il marchese Antoniotto non era uomo da inutili rancori. Ricco di ambizione e di volontà, sentiva che i suoi milioni e la sua corona di marchese erano due armi potentissime a farlo giungere in alto, e che dovevano restarsi inoperose, pel magro diletto di fare il broncio al re di Sardegna, il quale po’ poi era in quella parte della penisola il rappresentante della teocrazia di Roma e della autocrazia di Germania, il gran vassallo del papa e dell’imperatore, que’ due càrdini della società, quelle due dighe opposte dalla Provvidenza ai malvagi disegni della rivoluzione.

In cotesto adunque egli era già più innanzi di molti altri; ma saldo com’era ne’ suoi propositi, non correva neppure alla cieca, non si lasciava accalappiare dalle lusinghe del governo, i cui atti, diceva egli, non davano ancora quella sicurtà che potesse persuadere un gentiluomo a prestargli l’opera sua. Voleva insomma che il suo partito soverchiasse; e in quella stessa guisa che nel suo partito gli pareva di non dover essere secondo a nessuno, così non poteva immaginar possibile un governo apertamente reazionario, senza esserne a capo egli stesso.

Ed era proprio un uomo fatto per comandare altrui, il marchese Della Torre. Il nome, le ricchezze, le aderenze, l’ingegno, erano un nulla al raffronto del carattere, di solito asciutto e severo, ma che sapeva convenevolmente piegarsi, assumere quella grazia di modi che venuta dall’alto è sempre una lusinga pericolosa per chi sta in basso, e signoreggia di sovente gli animi più generosi.