Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/270

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Larghe testimonianze del suo ingegno sempre volto al comando, offriva il vasto podere di Quinto, dove egli passava i sei mesi caldi dell’anno, e dove ogni cosa procedeva ordinatamente giusta il suo concetto. Colà il marchese Antoniotto aveva tentato con frutto parecchi esperimenti di riforme agrarie, nella quale materia era versatissimo, di guisa che, alla più trista, egli avrebbe potuto riuscire al governo della cosa pubblica per la scorciatoia di un portafoglio di agricoltura e commercio. Ognuno ricorda che parecchi degli odierni uomini di Stato entrarono per questa viottola nei consigli della Corona.

Nelle letterarie discipline era valente del pari, sebbene dispettasse i poeti. Conosceva il latino e lo scriveva con quella eleganza che potevano ai suoi tempi insegnare i Gesuiti o gli Scolopii. Un suo volgarizzamento di Sallustio aveva fatto andare in brodo di succiole Tommaso Vallauri, e il teologo Margotti non aveva potuto beccarvi per entro nessun farfallone; della qual cosa aveva fatto un gran parlare sull’Armonia. Un suo trattatello Degli elementi dell’arte di governo lo aveva fatto salir in gran rinomanza presso i parrucconi di tutta Italia, e i legittimisti di Francia citavano «le marquis Torre Vivaldi» come uno «des hommes politiques les plus éminents de son temps, qui réunissait un esprit éclairé à un sentiment profond des droits du pouvoir légitime, en dehors duquel il n’y a point de garantie pour la vraie liberté et pour la civilisation du monde».

Tutti costoro, poi, quando per alcun loro negozio avessero a passar da Genova, erano gli ospiti del marchese Antoniotto, il quale, nelle lusinghe di una splendida accoglienza diventava due volte più ragguardevole al cospetto dei forestieri, e, non si muovendo da Genova, otteneva facilmente una fama europea.

Ma torniamo alla villa di Quinto. Colà Ginevra dagli occhi verdi accoglieva il fiore della civil compagnia, e colle grazie della sua persona e del suo conversare aiutava inconsapevolmente e mirabilmente ai disegni ambiziosi del marito. Intorno alla vezzosa gentildonna spirava come un’aura di medio evo, nella sua parte più bella, che allettava i più schivi. Si radunavano colà i discendenti di quelle grandi famiglie che avevano operato tante cose cinquecento anni innanzi; e all’udir conversare di belle imprese, o recitar versi, al veder corti d’amore, giostre di schermidori, corse di bei palafreni, gite sul mare ed altri simili passatempi, al sentirsi