Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/288

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Ma come fare per darlo alle fiamme? Il buon confessore si tolse egli quel grave incarico, ed anzitutto portò via i dodici volumi, i quali (così egli diceva) davano odore di zolfo.

E tuttavia quel cattivo odore non tolse che il reverendo personaggio rimanesse grandemente ammirato per la novità e il pregio dell’opera. Egli era un uomo di senno, il confessore, e si chiamava padre Bonaventura Gallegos, de Societate Jesu.

Da quel giorno ne passarono quaranta; e il buon padre Bonaventura non uscì quasi mai dalla sua camera, dove aveva riposto il suo bottino, senza darsi pensiero dell’odore di zolfo, che avrebbe potuto mettere in sospetto i suoi santi colleghi. Egli forse aveva pensato che bastasse non dirne parola ad alcuno, tenendo il libro sotto chiave, quando per qualche negozio fosse costretto ad uscire. In quanto alle lunghe ore che passava nel silenzio e nella solitudine, c’era una buona ragione da chiuder la bocca ai curiosi. Il padre Bonaventura meditava un commento alle opere di Sant’Agostino; perciò non doveva sapere di strano ch’egli rimanesse volentieri nella sua camera, assorto nello studio dell’autore suo prediletto.

E per studiare con maggior profitto, mandò le Opera omnia del vescovo d’Ippona al legatore, perchè le rilegasse a nuovo, inframmettendovi i fogli di carta bianca consacrati alle sue dotte annotazioni teologiche; le quali in buona sostanza non erano altro che gli appunti biografici della società del Parafulmine. Sant’Agostino fu per tal guisa rilegato in ventiquattro tomi, che parevano fatti a bella posta per dare alloggio alle ventiquattro lettere dell’alfabeto; e l’arguto lettore intenderà il rimanente; come, ad esempio, l’erede universale del Parafulmine, da quel savio uomo ch’egli era, facesse fruttare e crescere il patrimonio ad interessi composti. Da dodici anni scriveva, scriveva sempre, conducendo a perfezione il suo commento; sicchè, giunto al 1857, cominciava a pensare che la carta bianca gli sarebbe indi a non molto mancata. Però gli era venuto in mente di lasciare Sant’Agostino, per commentare gli scritti di Tertulliano, già acconciamente interfogliati in anticipazione.

È noto adunque che cosa scrivesse il padre Bonaventura, a che studi profondi si desse, in cambio di andarsene a dormire, dopo la partenza del marchese Antoniotto. Egli aveva squadernato sullo scrittoio il volume decimonono di Sant’Agostino, o, se più vi garba, la lettera T della sua preziosa enciclopedia,