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e dello squallore che sempre tien dietro alla solitudine. Le persiane tutte chiuse, mostravano per due ordini il loro verde sbiadito; anche la tinta giallognola della facciata, qua e là macchiata dagli sgoccioli nerastri delle finestre, accusava per molte bianche sfaldature dell’intonaco i suoi lunghi anni di servizio.

Un vecchio dalla pelle rugosa, dall’aspetto severo come e forse più del palazzo, levò il capo, all’avvicinarsi di Lorenzo, dal mezzo d’un’aiuola, e si fece innanzi, col sarchiello in una mano e il cappello nell’altra, ad ossequiare sua Eccellenza. Senonchè, come gli fu dappresso, vedutolo bruno e non biondo, poi meno aitante della persona che non fosse Aloise, ammutolì, chiedendogli col gesto che cosa volesse lassù.

Lorenzo, precorrendo quel gesto, aveva già cavato di tasca una lettera.

— È qui l’Antonio? — diss’egli.

— Antonio son io, — rispose il vecchio.

Il Salvani gli porse allora la lettera, che egli con molto rispetto, ma con altrettanta prontezza, si fece a leggere, non senza meraviglia del giovine, che lo vedeva correre così spedito da un verso all’altro dello scritto, come uno de’ più esercitati lettori. Veramente, all’aspetto pareva uno zotico villanzone; ma egli era come le melagrane, le quali non hanno di ruvido che la buccia, e celano a centinaia i rubini nel grembo. Nato alla Montalda, Antonio era il più fidato servitore dei castellani; e quando la marchesa di Montalto, morto il marito, si ritrasse a vivere lassù, egli, vecchio arnese della casa, egli che aveva palleggiato sulle sue braccia Aloise bambino, egli che aveva aiutato a rinchiudere nella sua cassa di piombo il marchese Alessandro, egli era rimasto il servo confidente della marchesa Eugenia, egli aveva assistito al lento struggersi di quella santa vittima di un triste Imeneo.

Letta la lettera, che era, come già s’è indovinato, del marchese di Montalto, il vecchio accennò rispettosamente a Lorenzo di seguirlo; quindi, deposto il sarchiello sul ciglio dell’aiuola, lo precedette nel palazzo, spiccò da un chiodo un mazzo di chiavi e salì al primo piano, dov’era una gran sala, le cui alte pareti erano ornate di vecchi ritratti. Tali almeno parvero a Lorenzo, che poco poteva discernerli in quella scarsa luce vespertina che trapelava delle imposte chiuse.

Sempre taciturno, il vecchio gastaldo andò verso un uscio in capo alla sala, e apertolo, si ritrasse per dare il passo