Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/338

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Scambiate queste parole, uscirono, per correre dal Montalto, e far gli apparecchi della partenza. Aloise aveva già pensato e provveduto ad ogni cosa; le armi erano già nella carrozza del Pietrasanta, e il dottor Mattei, con tutto il bisognevole dell’arte sua, era agli ordini loro.

Un’ora dopo, debitamente avvisata la parte avversaria, che li precedette di parecchi minuti, i quattro amici, lieti nell’aspetto come se andassero a sollazzarsi in campagna, uscivano di città; giunti a Sampierdarena prendevano lo stradone della Polcevera.

Aloise era sparuto anzi che no, ma di buon animo, ilare, quasi festevole; e questo gli aveva fatto tornar sulle guance i bei colori della giovinezza. La giornata era bella, non fredda, e il sole mandava coi tiepidi raggi alla nuda campagna quasi un postumo saluto dell’autunno. L’immagine era di Aloise, che, come tutti sanno, era poeta nel profondo dell’anima, e in quel tragitto appariva tale due volte di più. Fu egli, per tal modo, che tenne desta la conversazione. Ringraziò il Giuliani del tempo che quasi perdeva per lui, togliendolo ad altre cure più gravi e più utili; ragionò della felicità del loro amico Lorenzo, di ciò che avrebbe potuto operare per la sua patria quel giovine generoso, ove lo consentissero i casi, e d’altre cose consimili, con facile eloquio, con mente serena. Tranne le speculazioni filosofiche, che non ci furono, pareva Socrate, innanzi di ber la cicuta.

Giunti che furono a Rivarolo, la carrozza s’avviò al ponte che mette alla destra riva del fiume, e per quella nuova strada, costeggiando le falde della collina di Coronata e Fegino, li condusse in pochi minuti al cancello della villa Riario. Colà smontarono, fra le riverenze di due contadini che li aspettavano per additar loro il sentiero: poco stante, alla svolta d’un viale che conduceva al palazzo, trovarono il Riario, il Morandi, il Cigàla, che insieme col loro medico salivano a lenti passi per l’erta.

Si salutarono tutti con molta cordialità; lo stesso Aloise si fece con atto grazioso incontro al Cigàla, e incominciò a ragionare con lui, come se eglino fossero i padrini, anzi che i combattenti. E questo s’intenderà di leggieri; quel duello, a cui si disponevano, era stato concertato da essi; le armi scelte da essi; era dunque naturale che provvedessero al resto.

- Ci batteremo su questa spianata; - disse Aloise, poichè furono giunti di costa al palazzo, dove, nell’ombra gettata dall’edificio, era un largo lembo di suolo al coperto del