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— Avocat, passez le déluge!
— Non posso, Giuliani; non posso uscire dalla Genesi.
— Tanto meglio, poichè, in tal caso, avrete posto mente che Iddio creò la terra, ogni specie d’animali, e l’uomo medesimo, colla grossa materia, contentandosi, per quest’ultimo, di soffiargli addosso.
— Sta bene; e che cos’è la donna, se non carne della sua carne?
— Adagio Biagio! L’ha detto Adamo, e per dire una corbelleria di quella fatta, poteva fare a meno di svegliarsi. Osso delle sue ossa, meno male, ed anche per una centesima parte.
— Tu stesso lo ammetti; — disse di rimando il Savioli; — la donna è fatta d’una costa dell’uomo.
— Bravissimo, d’una costa. Tu ti danni colle tue ragioni; ti aguzzi il palo sulle ginocchia. Notate bene, o signori; è fatta di una costa, carne od osso che sia, cioè a dire materia già ridotta e trasformata dalla volontà del Creatore. Sappiamo dunque che ella non viene direttamente dalla mota, come l’uomo, suo indegno vicino. Ora, poi, come potrebbe una costa pigliar statura e forma di donna, senza l’aiuto di un nuovo elemento?
— E l’aria? — dimandò il Savioli.
— Ah, tu credi, — proseguì il Lorenzini, — che sia stata gonfiata d’aria, come le bottiglie, o come i palloncini?
— E perchè no?
— Infatti, — disse il Contini, tornando a cantare.
La donna è mobile Qual piuma al vento... |
— Sta zitto.... Piave! e poni mente anche tu alle mie parole. La donna non ci ha di umano altro che la quantità di una costa, cioè a dire venti o venticinque grammi; il resto, cinquanta o sessanta chilogrammi, è tutto soffio di Dio. Io lo vedo, il Creatore, — proseguì con ardita ipotipòsi il Lorenzini, — soffiare sopra una mota di fango per far l’uomo, ma soffiar dentro a una costa per foggiarne la donna; l’unica cosa creata che contenga, checchè ne dicano i chimici, maggior parte di Dio. —
La chiusa del Lorenzini fu accolta dalla brigata con una salva di applausi.
— Peccato non ci siano donne ad udirti! — esclamò il giornalista Giuliani.
— Non siamo Templarii per nulla! — notò il Savioli. —