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un libro, ma non potendo reggere alla lettura, uscì di bel nuovo, e andò viaggiando all’impazzata, in uno stato d’animo che gli innamorati intenderanno; temendo e sperando, facendo e disfacendo senza posa castelli in aria, d’ogni forma e d’ogni misura.
Come a Dio piacque, giunse la notte, e colla notte un po’ di sonno. Il mattino seguente, quattordici ore erano passate, e cotesto parve un sollievo a Laurenti, il quale scese per tempissimo in giardino ad inaffiare le sue piante, e poi, per far ora, se ne andò ad erbolare su pei terrapieni, fuor delle mura.
Egli aspettava le dieci con impazienza, e intanto, cercava di ingannare il tempo, sradicando giusquiamo, euforbia e cicuta. Quella mattina era consacrata proprio allo studio dei tossici. Suonarono le dieci, ed egli non si mosse di lassù castigando sè stesso con altre due ore di quel molesto indugiare; di guisa che, allorquando fu per tornarsene a casa, già era il tocco dopo il meriggio.
— C’è stato nessuno a cercar di me? — chiese egli al servo.
— Non so; — rispose questi. — Io sono stato fuori per tante cose, e sono tornato poco fa.
Laurenti entrò in casa coll’animo scom-