Pagina:Barrili - La legge Oppia, Genova, Andrea Moretti, 1873.djvu/84

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plicanti che parlano meno. D’altra parte, i cinque atti non sono di regola fissa; l’essenziale è di vedere, in ogni azione drammatica, la pròtasi, che espone, l’epìtasi, che rannoda, e la catastrofe, che scioglie l’intreccio.

La sua commedia è in prosa, sebbene di tempi che oramai non si sa più scompagnare da un certo chè di poetico. Ma i latini avevano per la commedia un verso fatto a posta, che arieggiava la prosa; tanto che Cicerone istesso, orecchiante de’ primi, non sapeva distinguerlo da questa. De’ versi italiani, il martelliano sarebbe piaciuto all’autore; senonchè, gli parve troppo sdolcinato per una commedia di toga ciò che si attaglia ad una commedia di gala e di cipria. L’endecasillabo è troppo nobile; o dà un tuffo nel grave, o piglia un volo nel lirico; ad ogni modo, mirabilmente adatto alle cose patetiche, non riesce mai in commedia così spezzato, da dissimular la cadenza e il suo bazzicare co’ tragici. La prosa è più spicciativa; e poi.... a sudar versi che sembrino prosa, che sugo?

Nè vi paiano troppo volgari i personaggi storici ch’egli ha posti in iscena. E’ ci sono, per necessità del soggetto; ci sono, colla lor faccia di gente viva, non già colla pàtina che il tempo imprime sui bronzi antichi e sulle antiche pitture. Per venire alle corte, la festività un tantino plebea di Maccio Plauto ci è mostra dalle sue commedie e da quel poco che si conosce de’ fatti suoi; per farci riviver Catone, le sue virtù e i suoi difetti, l’uomo intiero, visibile da tutti