Pagina:Barrili - Monsù Tomè, Treves, 1885.djvu/15

Da Wikisource.

— 5 —


La domenica, giorno sacro al riposo dei registri, Monsù Tome scioglieva volentieri la lingua, se trovava qualcheduno con cui passare un’oretta. Se non lo trovava, niente paura; egli mostrava con l’esempio che un uomo può bastare a’ se stesso. Quel giorno di riposo, egli non lo dava più al re, lo concedeva alla propria persona, ma cercando egualmente di far onore al re Carlo Alberto, che egli serviva fedelmente, dopo aver servito i suoi antecessori, e lo stesso Napoleone, ficcatosi in mezzo a loro, come una bietta enorme nella spaccatura d’un tronco di quercia. Prima di tutto, si metteva in gran divisa, come ne aveva il diritto per il suo grado di luogotenente; calzoni di nanchino, uniforme di verde indugio, o di verde bottiglia, se vi piace meglio, bottoni dorati e mostreggiature gialle, la spada alla cintura, e sulla testa un gran casco di cuoio lucido, in forma di pentola rovesciata, con una grossa nappa gialla che faceva capolino dallo spigolo. Così vestito, passeggiava pomposo per le vie di Loano; poi, ritornava a casa, nella sala da pranzo, dov’era ancora la tovaglia sul desco, e sulla tovaglia un bel fiasco di vino, con dieci bicchieri schierati in battaglia. Perchè dieci?