Pagina:Barrili - Monsù Tomè, Treves, 1885.djvu/16

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Non so; forse rappresentavano l’ultima misura di capacità del bevitore. Perchè in fila? Or ora vedrete. Monsù Temè li riempiva tutti, uno dopo l’altro, per non aver da durare altra fatica; li contemplava un tratto, con occhio benevolo; poscia si adagiava sul seggiolone, accanto ’alla tavola, con la spada raccolta fra le ginocchia, e il suo casco tirato un po’ indietro verso la nuca, come un buon guerriero che non è in mostra sulla piazza d’armi, o in volta per le strade, e non deve più dare esempio di perfetta compostezza agli inferiori, nè di euritmia militare ai borghesi.

Così seduto, contemplava con aria di suprema soddisfazione i suoi dieci bicchieri; stringeva l’occhio ammiccando; poi stendeva la mano al primo della fila e lo sorseggiava beatamente, facendo schioccare la lingua contro il palato, e ad ogni schioccata brontolandosi un a bene!» Quindi, deposto sulla tavola il bicchiere vuoto, metteva mano al secondo, e ripeteva l’operazione. Il terzo andava come il secondo e come il primo; ma dopo il terzo incominciavano le novità, perchè Monsù Tornò sentiva il bisogno di farsi qualche complimento in piemontese, che era la sua lingua preferita delle grandi occasioni.

— Beva, Monsù Tomè! Beva pure libera-