Pagina:Barrili - Tizio Caio Sempronio, Treves, 1877.djvu/10

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Tizio Caio Sempronio era un leggiadro cavaliere, l’ho detto; ma in compenso era anche ricco. Aveva grossi poderi a Tivoli e nell’agro Reatino, donde uscivano i suoi maggiori. Per altro, se il nostro cavaliere potea vantarsi Sabino d’origine, non lo si poteva riconoscer tale alla parsimonia proverbiale di quella gente. Tizio Caio Sempronio spendeva liberalmente tutte le sue entrate, e dell’altro ancora. Però andava per le bocche di tutti, e si faceva a gara per averlo amico. Uomini di vaglia, o giovani promettenti, come Cesare e Caldina, lo avevano in pregio; e perfino quel caro matto di Clodio, prima di far quella morte immatura, che tolse un altro salvatore a Roma e un grand’uomo alla storia, era stato in molta dimestichezza con lui.

Mi affretto a soggiungere che Tizio Caio Sempronio non era uno dei loro in certi disegni politici. A cena, alle terme, sotto i portici, al teatro, sta bene, ma niente più in là. Il nostro bel cavaliero amava la Repubblica tal quale l’avevano lasciata i vecchi, e non sentiva il prepotente bisogno di rimutare le istituzioni. Era, pel suo tempo, quello che oggi si direbbe un conservatore.

L’unica cosa che non avrebbe voluto conservare, erano le ipoteche; noiosissime ipoteche, le quali già incominciavano a fioccare sopra i suoi latifondi. Ma già, il tizzo non risplende senza ardere. Ed ora così allegra la fiammata! Ed era così sontuosa la dimora del gentil cavaliere!

Egli abitava sul Viminale, in un bell’edifizio a due piani, donde si godeva una vista incantevole. Il senator