Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere I.djvu/55

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a ubbriaco.

Chi insegnò a quel Trace Consinga rizzare stil più erto gioco d’un monte il cielo altissime scale, e, come chi è montato al primo palco de’ cieli fingersi di prendere quelle cime dalla bocca di Giunone le risposte che negl’interessi del publico bene egli dava; senon il sapere, che le Leggi e gli ordini de’ Grandí tanto volentieri s’accettano, quanto hanno credito di venire da una mente di più alto sapere e di più nobile intendimento? Perciò cred’io, che, non tanto per necessità di girare quelle da loro stesse movevoli, o, se tanto non vogliono, almeno leggerissime sfere de’ cieli, assegnassero loro le più celebri, scuole de’ Filosofanti Intelligenze motrici, quanto pereli. il mondo stesso più pago del suo governo; mentre credeva, che nobilissime Menti erano quelle, che girando le stelle, disponevano i principj e temperavan gl’influssi, onde a loro e credere, la felicità e le disavventure delle publiche e delle privato fortune dipendono.

Il piccolo Alessandro, mentre ancora parlava con la lingua d’Aristotele che gli era maestro, in un solenne ricevimento che in vece di Filippo suo padre fece agli Ambasciadori del Re Persiano, soffisfacendo alle curiose dimande ch’eglino per tentarlo gli fecero, si guadagnò titolo e concetto di Re grande, mentre appena era un piccolo Principe. Iste paer (dissero gli Ambasciadori) magnus est Rex, noster autem dives: con olio egli mandò a’ Persiani, tanto desiderio d’averlo Re, quanto l’aveano conosciuto Savio. E certo, tolti da questo generoso Monarca alcuni pochi o errori di giovanil passione e vanità,

o eccessi di tempera troppo fervida e guerriera, se quel che rimane delle sue azioni sensatamente si pesi, non coll’astio di Seneca (che in questo e più tosto cinico che Stoico), libet, col savissitno, Plutarco, ad singulas ejus actiones exclamare: Philosophiee. Ma conciosiccosaché, il Principe e la sua Corte sieno come la statua e la sua nicchia, che prendono l’una dall’altra pregio e scambievole ornamento; un Principe