Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere I.djvu/8

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Prima che ciò intendesse il Re Dionigi, piú per ischerno che per curiosità, cercò di e sapere Aristippo, onde fosse che i Filosofi andassero alle case de’ Ricchi, e i Ricchi non andassero alle case de’ Filosofi ad accattare la Sapienza; e ne udì non men vera che pronta risposta: Perché i Filosofi poveri sanno ciò che loro fa di bisogno, i Ricchi ignoranti nol sanno.

Che non nascano senon, come la Fenice, ogni cinquecento anni uomini di mostruoso sapere; che non vi sia chi faccia ricco il mondo di nuovi ritrovamenti nelle lettere e nell’arti, non è perché sterili corrano i secoli, o perché i paesi sieno infecondi d’ingegni. Colpa è in gran parte di chi non apre porto a chi naviga, nè mostra esca a chi vola: ché certo, menti con ala grande, ed ingegni con gran vela non mancano. Ne avea la pruova chi disse:

Sono i Poeti e gli studiosi pochi;
E dove non han pasco nè ricetto,
Infin le fere abbandonano i lochi.

Che non vi sia chi alzi grido di gran sapere, e faccia tacere per istupore il mondo, colpa è de’ Grandi, che non fabrican loro Teatri, con quell’avviso, che diede Vitruvio, dove avvertì, che prima d’ogni altra cosa si guardi, che la fabrica del teatro, dove s’hanno da recitar commedie o cantar musiche, non riesca sorda, sì che i Recitanti e i Musici, abbiano a perdere la voce e la fatica. Oh quanti, a guisa di freddi e morti vapori, non s’alzano di terra due palmi, che, se trovassero un benefico Sole che desse calore alle loro fatiche e li sollevasse, splenderebbono a guisa di stelle. Che le Viti fruttino, è gran mercé de gli Olini, cui elle s’appoggiano per sostegno.

Riuscire in qual si voglia professione di Lettere oltre a termini dell’ordinario eccellente, al certo non è fatica minore di quanto può sofferirsi, nè più brieve di quanto può viversi. Or che maraviglia è, che non vi sia chi voglia spender tanto a guadagno di nulla, consumando la vita, per arrivare con ciò non più oltre che a mantenersi la vita?