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10 | dell’uomo di lettere |
gl’indicj, da’ testimonj, non venga, quando che sia, in cognizione del furto: onde non vuol farsi mai, quantunque occultamente, con isperanza che niuno abbia a risaperlo. Voltate pure sossopra, perchè pajano vostre, l’ordine delle cose che da altrui traportate a vostr’uso; chẻ in ogni modo, se voi siete un Cacco avveduto in volgere al rovescio le vestigie delle prede che vi tirate in casa strascinandole per la coda, non vi mancherà un’Ercole, che su quell’orme istesse rintracci il furto e la frode, e ne punisca l’autore. A voi medesimo uscirà di bocca o della penna qualche parola, che darà a gli accorti indicio del fatto; e sarete anche in ciò come i Corvi, che non rubano mai sì accortamente, che col becco insanguinato e con la preda in bocca non gracchino: con che senza avvedersene chiamano i sassi, che ne li caccino.
Nam tacitus pasci si posset corvus, haberet
Plus dapis, et rixa minus invidiæque1.
Ma quando ben voi taceste, parleranno contro di voi le vostre carte, e il vostro libro medesimo sarà il processo.
Su questa sicurezza, Marziale, de’ cui Epigrammi molti si facean belli e Poeti, vendendoli come loro, non consumava scritti o parole per accusa de’ ladri e difesa del suo.
Judice non opus est, nostris nec vindice libris.
Stat contra, dicitque tibi tua pagina: Fur es2.
Il secondo è, che vi persuadiate, che molto minor male è non parer dotto, che parere ignorante non avendo del suo, e ingiusto rubando l’altrui. Se v’è tocco un capo povero di capelli (che sono simbolo de’ pensieri, ricchezze della mente), non vogliate sveller da’ morti i loro, e farvi d’essi una mal’acconcia capelliera.
Calvo turpius est nihil comato3.
Meglio è esser povero del suo, che ricco dell’altrui. Poter dire: Questo è mio, benchè sia poco; è molto più dolce, che dire: Questo è molto, ma non è mio. I più cari versi, che Manilio leggesse nel suo poema4, eran que’ due: