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Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/11

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          Nostra loquar. Nulli vatum debebimus orsa,
          Nec furtum, sed opus veniet.

Scrivete voi ancora in modo, che sopra ogni vostro componimento possiate far comparire quel distico, che il Poeta Ariosto tenea scritto sopra la porta della casa sua.

          Parva sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non
               Sordida. Parta meo sed tamen ære domus.

2.

Che si dee non torre l’altrui, ma trovar cose nuove del suo.

Se il desiderio di farsi con le stampe appresso i posteri immortale assottigliasse così l’ingegno per ritrovar del suo, come aguzza le unghie per involare l’altrui; molti, a cui, come a’ convinti di ladroneccio, è stato sbandito il nome e confiscata la gloria, avrebbero avuto l’un’e l’altro immortale. Ed oh! quanto più felici andrebbon le lettere, e a quanto miglior’uso si spenderebbono gli anni, gli studi, e l’ingegno, se, lasciata questa vile fatica di mutare quadrata rotundis, e mettere in disteso quello ch’altri pose in iscorcio, tutto lo sforzo de’ nostri pensieri si rivolgesse ad arricchire le Scienze e l’Arti di qualche nuovo ritrovamento, che, non conosciuto da gli antenati, sia giovevole a’ posteri che verranno! Un sol foglio di questi basterebbe a meritarci quell’onore, che molte volte i grandi volumi in vano presumono.

Anzi il solo cercar cose nuove, quando ben non succeda trovarle, non è senza lode; perchè non è senza utile. Plurimum enim ad inveniendum contulit, qui speravit posse reperire, disse il Morale1. E chi ha stimoli di generosi pensieri, vuole anzi farsi da sè con fatica la strada in cielo, che caminare dietro altrui in terra; tal che possa dir col Poeta2:

          Libera per vacuum posui vestigia princeps.
          Non aliena meo pressi pede.

Chè alla per fine, benchè sia più agevole che cada chi

  1. Sen lib. 6. nat. qu. c. 5
  2. Epist. 19.