Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/151

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Dell’ esame, e Ammenda de’ proprj Componimenti.


Compiuto il lavorio d’ un componimento (di cui mi son preso ad avvertire quel solo, che tocca al ritrovamento e all’ ordine delle cose e alla maniera del dirle, per lo fine che da principio mi proposi), ciò che solo rimane è ritoccarlo e ripulirlo; esaminandolo per minuto, e facendo severo giudicio d’ ogni parte per vedere se v’ è come in quelli del suo Remigi trovava Sidonio, opportunitas in exemplis fides in testimoniis proprietas inepithetis, urbanita, in figuris, virtus in argumentis, pondus in sensibus, flumen, in verbis, fulmen in clausulis etc. E la sperienza mostrerà esser verissima l’ osservazione di Seneca che le cose, che mentre si componevano sembravano di bellezza incolpabile, rivedute, non pajon più desse, o l’ autore non le raffigura, Nec se se agnoscit in illis. Mercè che il bollore degli spiriti, mentre s’ ha l’ ingegno fervido nel comporre, non lascia al giudicio quella tranquillità, quel limpido sereno, che gli è necessario per operare tanto, aggiustatamente, quanto posatamente. Perciò fere quæ impetu placent, minus præstant ad Manum relata. Anzi Quintiliano condannò la precipitosa maniera di quelli o che abbandonandosi ad un certo più tosto furore che fervore d’ ingegno, scrivono, come chi improvisa, tutto, ciò che loro viene in pensiero: Repetunt deinde, et componunt quæ effuderant; sed verba emendantur et numeri, manet in rebus temere congestis, quæ fuit levitas. Perciò (soggiunse egli) si scriva, massimamente su’ principj, consideratamente e con lentezza: si mettano a lor luogo le cose, non si buttino; si scegliano le parole con giudicio, non si prendano a ventura né si stimi buono ciò che vien presto. Non enim cito scribendo fit ut bene scribatur, sed bene scribendo fit ut cito. Virgilio, uomo di sì esquisito giudicio, e che nel comporre