Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/44

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e de’ buoni costumi; né sembrerà loro la mal’ usata virtù de’ vostri ingegni altrimenti che la smisurata sì ma empia forza de’ Giganti, che non si lodano come robusti perché poteano svellere dalla terra i monti e accavallargli l’ un sopra l’altro, ma si condarmano com’ empj perché con ciò presunsero di combattere il Cielo e levar Giove di seggio.

Ma se altro non vi persuade, eccovi Dio sceso alle sordidezze d’ una stalla, alle miserie della povertà, alle bruttezze d’ una vita oscura, a gli scherni dì scimunito, alle calunnie di seduttore, alla vendita di schiavo, alla condannagione di reo, alla morte di ladro, tutto lividure sotto le sferze, tutto sangue tra le spine e i chiodi, tutto confasione nella nudità, tutto dolor su la Croce. Or fatevi avanti e gli chiedete: Per chi cercare un viaggio sì lungo, e fra termini sì lontani, dal Cielo al Calvario? Per chi riscattare uno sborso sì copioso di lagrime, di sudori, di sangue? Ebbe egli in ciò, questo nobile mercatante, disegno d’ altro guadagno, che d’anime? Pretese egli altro da noi chiese altro al suo Padre, che averci in vita imitatori, dopo morte compagni? Or mettetevi voi a paragone con Dio, e mirate l’indignità di questo gran contraposto. Egli per salvar’ anime fa quanto può, voi ciò che sapete per perderle. Che pronostico fate di voi stesso? Qual faccia avrete in comparirgli davanti come reo a vostro giudice, mentre alzeranno contra di voi dall’ inferno le grida tanti per vostra cagione perduti, e ne’ volumi de’ secoli avvenire vi si mostrerà quanti altri dopo questi per vostra cagione si perderanno? Qual difesa avrete alle vostre, reo delle colpe altrui? Bench’ elle non sono tanto d’ altrui, che non sieno vostre, già che voi poneste a quelle cadute l’inciampo, voi deste a que’ frutti di morte il seme.

Uomo in terra non vive, cui Lucifero miri con miglior’ occhio, e a maggior cura guardi e conservi, quanto chi s’ affatica: in distillar dal suo capo nella tazza d’ oro d’ un libro ingegnoso o peste d’ errori o veleno d’ impura poesia. Uno di questi basta a torre alla metà de’ Demonj la fatica di tentare; poiche un mal libro vale per cento Demonj. Qui dorme Beemot in silentio calami, in