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Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/45

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parte seconda 45

humentibus1; nè ha mestieri d’affaticarsi perchè si cada, dove lo stesso suolo lubrico e sdrucciolente inganna il piede e gli toglie il sostegno.

Timone Ateniese odiò tutti gli uomini; un solo Alcibiade amò: ma amar lui, era odiar tutti; perchè dall’indole sua egli indovinava, lui dover’esser la rovina di molti, e, se gli riusciva, anche lo scempio di tutta la Grecia. E que’ veri Misantropi di colà giù, se v’è uomo che careggino come amico e abbraccino come caro, sono cotesti, che con libri di durata immortale e di malizia mortale hanno a combattere molti secoli contra il Cielo, ad espugnare l’onestà in molti petti, ad arricchire il loro regno di molte anime.

Queste verità vedute al lume della ragione e della Fede da un famoso Poeta, io so per ragguaglio di persona sua o domestica o conoscente, che gli cagionarono molte volte raccapriccio per orrore e quasi sfinimento per doglia; e lo portarono, preso in mano il libro da sè composto, a mirarlo tanquam Orbis terrarum Phætontem (come Tiberio chiamava Caligola2); indi, come a meritevole d’un fulmine, dargli sentenza di fuoco. Ma se stendeva la mano alle fiamme per gittarvelo dentro, a abbruciare in esse quell’incendio del mondo, ne la rițirava con occulta violenza di compassione. L’amore, che gli raccordava le lunghe e fredde notti vegliate in sette anni (chè tanti ne spese a lavorarlo); le grandi fatiche dell’ingegno, che vi aveva ivi spremuto il sugo migliore del suo sapere; i danni della sanità infievolita e fatta debole con la lima de’ lunghi studj, sì che non v’era ivi sillaba o verso che non gli costasse un pezzo di vita; finalmente il publico desiderio del mondo invogliato d’averlo, e la gloria che il merito dell’opera gli prometteva; abi! incantesimi erano questi, che gli rendevano intormentita la mano, stupido il braccio, e ’l cuore diverso: onde, mutando consiglio, condannava sè di credulo e di crudele; e quasi in atto di chiedere al suo libro mercè e perdono, lo baciava, sel riponeva sul cuore, e, per

  1. Job.
  2. Suet. in Cal. c. 11.