Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/53

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qualche volta non colpire nel centro senza esser perciò cace dal circolo de’ Dotti; così come la Luna, ancorché cada in eclissi e resti oscura, non per questo viene sbandita dal cielo.

E veramente non sono da sofferirsi coloro, che o vendono i proprj scritti o difendono gli altrui come Oracoli d’ infallibile verità, come oro di ventiquattro carati, senza mischianza d’ errore, senza lega di falso. De’ proprj, odano S. Ambrogio, che molto acconciamente li paragona a’ figliuoli, verso de’ quali l’ amore turba il giudicio, onde quanto s’ è loro buon padre, tanto suol’ essersi cattivo giudice: Unumquemque fallunt sua scripta, et auctorem prætereunt: atque ut filii etiam deformes delectant parentes; sic etiam Scriptores, in decores quoque sermones palpant. Degli altrui, leggano, oltre molti altri luoghi di S. Agostino, la III delle sue lettere, dove dice, suo costume essere non adorare gli Autori ma la Verità, non i loro detti ma la ragione; partendosi da essi dalla ragione si partono: talis sum ego in scriptis aliorum (finisce egli la lettura); tales volo intellectores meorum.

Di questo persuasi i Savj, prima di publicare i loro scritti, costumano di suggettarli all’ esame e alla censura d’ un’ amicougualmente avveduto e fedele, che, dove li truova manchevoli, dica loro come gli antichi schermidori a’ loro scolari: Repetere. Che se solo dopo essere usciti alla publica luce si conoscono difettuosi, essi stessi da sé lì corregono, ritoccandoli come Pittori, che non vantarono lor lavorio per opera a rigor di tutt’ arte perfetta, ma vi scrissero a piè il Faciebat di Poligleto e d’ Apelle: Tamquam inchoata arte, et imperfecta; ut contra judiciorum varietates superesset artificit regressum ad veniam, velut emendaturo quidquid desideretur, si non esse interceptus. E di ciò diede esempio il grande Ippocrate, che non si reco a vergogna il ritarre alcune cose che scritte avea delle Suture del capo.

Ma percioché tal volta o lo Scrittore, se non tardi non