Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/83

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pure un giorno, in cui non abbiamo, se non disegnato interamente un volto, certo tirata almeno una lirica. Il lume e la fiamma mentr’ è viva e accesa, si conserva con poco; ma se si lascia spegnere e morire, molto ci vuole per riaccenderla. Non siamo come il Nilo, il Negro, e certi altri fiumi, che, prima di giungere al mare, tante volte si seppelliscon sotterra e tante risorgono. Si perdono per occulte vie o più tosto voragini, indi sboccando di nuovo si truovano. Hanno cento capi, nascono cento volte, e sono sempre dessi, e nol sono mai. Interromper gli studj con certe lunghe pause, fatte più per incostanza di genio che per necessità di grandi affari, questo è un cominciar molto, un seguitar poco, e un non finir mai.


L’ inutile sforzo di chi studia contra l’inclinazion del suo Genio.


Per mettersi felicemente in viaggio nelle scienze, nell’ arti, in ogni professione di Lettere, è sì necessario il consigliarsi col proprio Genio e dalla sua inclinazione prender l’indirizzo, come a chi, si mette in mare osservare il vento che spira, per acconciare secondo esso la vela e torcere il timone. La natura è come i pianeti, che dove caminan retrogradi, fanno poco viaggio. Da lei non cava più chi più la preme e sforza, ma chi più l’indovina e seconda; onde quella, che, liberamente operando in ogni quantunque malagevole impresa, non meno facilmente che felicemente riesce (come alle Sirene del cielo girare le grandi loro sfere solo col canto) se violenza le si usi, non che non le cresce la virtù con la forza, ma più tosto perde il potere ciò che prima poteva, come acqua che per freddo congela; e se prima movevole era, spenta in lei ogni forza, sta immobile e quasi morta.

Chi nelle fatiche dell’ ingegno ha a contrastare non