Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/88

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fas est.

Altrimenti, pretendere di riuscire al dispetto del Cielo suo eccellente in qualche professione di Lettere è lo stesso che, per aprirsi la strada a’ Campi Elisj, volere staccare, dal ceppo suo quel ramo d’ oro, che, se la natura ti nol dona,

Non viribus ullis

Vincere; nee Juro poteris convellere ferro.

Ma spiegata ho io sin’ ora più la necessità d’ incontrare il suo Genio, che la maniera di conoscerlo; Perché, com’io credo, egli ha voce sì conosciuta, che non ha bisogno d’interpreti che la dichiarino, ma d’orecchi che l’odano, Quello par solo mi resti, a dire, ch’è per altrui conoscimento; e sono i contrasegni onde si conghietturi ingegno: e serviranno Perché , nell’ applicare chi da noi dipende, non erriamo; sì come altri, non conoscendo il suo Genio, può errare, applicando contra la propria inlinazione sé stesso.


Segni d’ uomo ingegnoso, presi dalla Fisonomia, sono di poca fede.


Gli antichi architetti, per legge più di giudicio che d’ arte, nel fabricare un tempio a qualche Dio, de’ Ordini greci, Dorio, Ionico, e Corinzio sceglievano quello, che alla natura del Dio a cui fabricavano il tempio meglio sì confaceva. Perciò il Dorico, Ordine grave e severo, usavano per li Dei guerrieri, Ercole, e Pallade; il Corinzio, Molle e lascivo, per Venere, Flora e Proserpina, e le Ninfe de’ fonti; l’ Ionico moderato, per Giunone, Diana, Bacco, ed altri lor somiglianti.

Questa legge medesima sono di parere alcuni Platonici e tutti i Fisionomi, che la natura abbia rigorosamente osservata nel fabricare i corpi, che sono i tempj dell’ anima: sì che essendovi altre anime guerriere, ed altre vili; queste svegliate e ingegnose, quelle stupide e insensate; molte servili, alcune quasi reine, nate a comandare;