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come fu conquistato il passo di rolle 101


lefoni delle nostre batterie hanno trasmesso una parola: «Paganini».

Era la parola d’ordine stabilita dal Comando. Naturalmente era sinonimo di «musica». L’esercito dei mandolinisti stava per offrire un concerto pieno di «trilli del diavolo». I tiri delle artiglierie erano da tempo aggiustati, il programma aveva avuto delle prove spicciole, ogni batteria conosceva il suo compito, la sua parte nel concerto. Vi erano i bassi da 280, gli acuti da 75, i mezzi toni da 110. Il vento aveva dissipato la nebbia, e al motto «Paganini» fu un uragano di boati. Dopo pochi colpi di assaggio il tiro si concentrò con una esattezza spaventosa sulle posizioni austriache che scomparvero nel fumo rossastro.

Una batteria era stata issata a forza di braccia fra dirupi fantastici, e da lassù prendeva d’infilata i rifugi nemici, sconvolgeva i parapetti, svelleva i «cavalli di Frisia», scavava, demoliva, colmava. Il giorno intanto si era fatto chiaro, limpidissimo. Quando l’artiglieria, improvvisamente, ad un segnale, ha cessato il fuoco, nel silenzio s’è visto il luccichio delle baionette sulle rocce soleggiate.

I primi plotoni salirono all’assalto appena visibili fra le anfrattuosità delle scogliere, poi il brulichìo azzurrastro, sparso e lento della massa si agitò nella luce. Un gridìo vago, confuso, lontano, uno stridore di fucileria, un crepitìo re-