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136 l’assalto prodigioso


come due spaccature tortuose. Sull’Isonzo, verso Salcano, il Sabotino scende a sperone, forma come la scarpata di uno smisurato bastione. La bufera delle granate annebbia tutto, ma quando, per brevi istanti, il fumo si dissipa, la trincea austriaca appare sempre più sgretolata, slabbrata, circondata da una convulsione biancastra di macigni. Pare che si vada cancellando.

Nella gola di Oslavia non si vede niente; il fumo vi si adagia e vi resta. Il Podgora è in eruzione, e il rosso sanguigno della sua terra argillosa colora anche le sue nubi, incarna i nembi di polvere sollevati dagli scoppi. Il San Michele, lontano, fumiga tutto, appare costellato di nuvole, che si formano, spariscono, si riformano, e i suoi quattro cucuzzoli sono sovrastati da un pullulare di getti, di sprazzi, sono coperti di caligine oscura, vorticosa, sinistra.

Più calma sembra la piana fra le ultime pendici del Calvario e il San Michele. Quando da dietro il Naso di Lucinico non scendono nembi di fumo e di polvere a tenebrare la vallata, si vedono gli edifici di Gorizia, bianchi, soleggiati, intatti, digradare verso il sobborgo di Sant’Andrea, e nella mattina limpida sembrano enormi, monumentali, come fossero tutti dei grandi palazzi, una folla solenne di abitazioni in una solitudine sinistra. Sant’Andrea e Sa-