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l’assalto prodigioso 137


vogna, più modesti, più dispersi, avanguardie di Gorizia, immergono nella verdura dei frutteti incolti il gregge sparpagliato delle loro case rustiche.


Il frastuono è alto, terribile, continuo, assordante; i colpi si sgranano con la frequenza di un rullo di tamburo. Sono alle volte dieci, venti cannonate al secondo, lontane e vicine, che si fondono in un solo tremendo boato senza fine; e le miriadi di proiettili che squarciano l’aria spandono un coro profondo e pieno di urli, di scrosci, di rombi, di soffi affannosi e possenti. Abbiamo da questo spettacolo un’idea di quello che furono i terrifici bombardamenti dell’offensiva austriaca nel Trentino. Abbiamo un’idea dell’inferno in cui la nostra resistenza si è affermata. Resisteranno gli austriaci?

Per ore ed ore il cannoneggiamento è continuato così, intenso, serrato, accanito. Si trattava di distruggere delle fortificazioni costruite in un anno di lavoro, di spianare la strada all’assalto attraverso mille ostacoli.

Di tanto in tanto, qua e là, una calma di brevi istanti, per lasciar schiarire il bersaglio e osservare gli effetti del tiro. Subito dopo l’uragano di fuoco riprendeva.

Delle granate incendiarie fiammeggiavano nei boschi del Kube sollevando persistenti e enormi spire di fumo nero. Cercavamo di snidare