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l’assalto prodigioso 141


il formicolio grigio degli uomini correre fra i sassi così velocemente che il segnale bianco, il quale precede l’assalto per indicare all’artiglieria i limiti dell’occupazione, passava oscillando come un foglio di carta portato da una raffica.

L’ondata umana ha percorso tutta la schiena del monte e si è precipitata giù per i rovesci, verso l’Isonzo, ha raggiunto i ruderi della chiesuola di San Valentino, sullo sperone che scende al fiume, e non si è fermata. Nulla poteva fermarla. Enormi granate parevano percuotere in pieno il suo brulichìo urlante, che scompariva nel fumo per emergerne qualche istante dopo, più avanti, mobile e nero nell’ombra. Poi tutto è sparito al di là, e il monte pauroso, dopo quindici mesi di lotte atroci, si è fatto ad un tratto silenzioso, deserto. È rimasto squarciato e inanimato come un grande cadavere lasciato indietro dalla battaglia.

Dove sono adesso i nostri? Arrivano notizie vaghe, spezzate, concitate, incontrollabili qui. Sono sull’Isonzo. Sono a San Mauro. Difendono la passerella e il ponte perchè gli austriaci non li distruggano. Chiedono il fuoco di artiglieria su Salcano. Quale la verità precisa?

Il vallone di Oslavia è sempre impenetrabile allo sguardo. Il fumo non si dissipa sulle piccole alture tormentate e nelle gole. L’assalto è passato nello spessore delle caligini plumbee.