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strada. Ma si trattava di poche forze di retroguardia. Il grosso dei nostri era trincerato ancora al di là del fiume, nel folto e antico bosco che fronteggia il villaggio di Grafenberg e che sembra un parco, e di fronte al paese di Podgora.

L’avanzata è avvenuta all’alba. Da alcune case le ultime pattuglie austriache hanno tentato di difendersi. Brevi scaramucce hanno fatto echeggiare di fucilate le vie deserte. Qualche morto, pochi feriti: l’ultimo prezzo della conquista. Un rombo cupo è venuto dal ponte di ferro, quello della strada di Lucinico, l’unico rimasto intatto. Era la cavalleria che passava, al galoppo. È continuata a passare per qualche ora, mentre l’artiglieria austriaca si svegliava e batteva il varco. Plotoni di carabinieri a cavallo irrompevano per le vie e per le piazze, occupavano gli edifici pubblici, stabilivano il primo servizio di sicurezza. Intanto la fanteria avanzava, attraversava a guado l’Isonzo mentre i pontieri lavoravano febbrilmente alla costruzione delle passerelle. Alle cinque del mattino, l’irradiazione delle avanguardie aveva attraversato la città.

I combattimenti riprendevano al di là. Gorizia pareva deserta. I grossi calibri austriaci cominciavano a percuoterla. Il ponte era bombardato, e sotto al fuoco l’avanzata continuava. E continua ancora. Questa è in poche parole