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il san michele espugnato 183

driche, proiettili strani, e tubi esplosivi, indumenti, oggetti irriconoscibili, elmi, maschere austriache, che sporgono il filtro a forma di pomo da innaffiatoio, maschere italiane che fanno un muso da cane, occhiali contro i gas lagrimogeni, pompe per i liquidi infiammabili, mazze ferrate, tubature per l’acqua, cavi telefonici, pacchi di cartucce, tutto questo frammisto, disseminato, aggrovigliato intorno ai morti.

Nelle doline, il cui centro è sempre un cimitero, si aprono i rifugi. Si scende in quelli austriaci per lunghe scale. Sono caverne vaste e profonde come catacombe, rivestite di legno, percorse da enormi tubi nei quali i ventilatori soffiavano l’aria pura. Vi sono caverne austriache piene di macchinari, caverne-officina, con le loro fucine e i torni, caverne-magazzino piene di viveri.

In un rifugio sotterraneo del nemico stavano montando un magnifico motore Diesel ad olio pesante e delle dinamo. I grandi macchinari rilucono fantasticamente al breve chiarore dei nostri fiammiferi.

Nelle tenebre delle caverne abbandonate avviene spesso di udire dei rumori misteriosi, in fondo in fondo, uno scalpiccio soffice, l’agitarsi di una vita incomprensibile, e ci si ferma ascoltando, presi da un’ansia vaga di superstizione. «Chi è?»: nessuno risponde. E lo scalpiccio vellutato continua nel buio. Un fiam-