Pagina:Barzini - Dal Trentino al Carso, 1917.djvu/231

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seguendo la battaglia 221


del fuoco. A venti passi lo sguardo si perde. Non è possibile rendersi conto di niente. Qualche cosa di tenebroso opprime: la sensazione di essere chiusi. Negli istanti di solitudine assoluta, lo sguardo si attacca al filo di ferro come ad un amico. Sembra che sia il bosco che combatta. Gli uomini non si vedono e tutta questa ostilità sembra sua. È il bosco che scaglia le sue pietre e i suoi fusti qua e là, in un furore favoloso e cieco.

Un albero si agita stranamente per un attimo sparpagliando gli aghi verdi del suo fogliame, poi adagio adagio, mollemente, s'inclina spezzato. «Non è niente, non è niente!» dice una voce che conforta qualcuno, e dal folto del bosco emerge un ferito che ne porta sulle spalle un altro più grave. Tutta l’abnegazione, l’umanità, l’eroismo dei nostri soldati seminano riuniti in questo gruppo pietoso e magnifico. È uno di quegli episodi indimenticabili che assumono nella memoria proporzioni gigantesche e solenni. «Aspetta, ti aiuto!» esclama un portatore di acqua che passa. «No. vai pure, che hanno sete! Non è niente!» risponde la voce ansante del ferito carico del compagno inerte. E il gruppo si allontana e sparisce nella foresta tragica lasciando delle stille di sangue sullo spolverìo della calce, aggiungendo alla traccia bianca la guida di una